venerdì 7 agosto 2015

Giorno 4

È la prima mattina che mi sveglio e faccio il caffè senza prima controllare lo smartphone. Ieri ho discusso con un amico (un amico vero, in carne e ossa). Ho giocato con le mie figlie. Ho avuto più tempo di stare con mio marito. Sì, anche per fare quello. Sì.
Sto pensando che è come stare su una barca. Si guarda la riva che pian piano si allontana, mi prende un po’ di nostalgia. Verso quel mondo facile, colorato, chiassoso, dove basta condividere un link o una foto per sentirsi appagati da 25 like di amici di cui, per la maggior parte, non me ne frega granché. Però così è facile. Clic. Figo. Clic. Bello. Clic. Mi pensa. Clic. Sono simpatica. Clic. Sono brava. Ma poi guardo la riva allontanarsi e tutto diventa via via più piccolo. E meno importante.
Istintivamente penso che l’obiettivo è quello di arrivare al punto in cui tutto ciò sarà per me insignificante. Ma in realtà anche porsi un obiettivo è sbagliato, in quanto prevede una certa dose di stress e di ansia.
E io adesso voglio solo galleggiare, lasciarmi trasportare dalla corrente, sentire lo s’cif s’ciaf delle onde sullo scafo.
Tutto diventa più piccolo, sono là, ad affannarsi per modificare una foto in cui sembrare più magre, a pubblicare post per stupire e attirare l’attenzione altrui, in attesa di una risposta in una chat che non arriva, piccole formichine instancabili.

E sento un’improvvisa, quanto appagante, sensazione di leggerezza.

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